Tema in classe di Vito

06.03.2016 01:20

“Gita al mare”, il titolo
Svolgimento di Vito

Quello che capita agli animali, capita alla giovinezza. Anche per come ci si muove: quel modo degli animali è il nostro modo di ragazzi. Fare degli esempi? A che serve? Alla letteratura? Si fotta. Selvaggina, siamo selvaggina. L’umanità vorrebbe succhiare l’osso, quelle ossa bianche lisce da leprotto, farle scivolare tra le labbra, tirarle fuori lucide. Le labbra che succhiano ossicini si stringono e protendono come quelle che danno i baci, ho bell’e capito: lo stesso succhiare. Bisogna saperlo da che nasce il baciare. Ci sto, sì, vediamo se ci riuscite a tirare fuori dai muscoli queste ossa. Ma quello che più mi piace è nuotare tra le reti. Le reti, trovarmici in mezzo. Che vuol dire? Vuol dire non far nulla che non sia un po’ scorretto, un po’ arrischiato, un po’ da rimanerci pescato. O no? Le reti. Dove le reti sono state calate, lì andare. Diventare pesciolino, con le mani in tasca, così sembro più pesce ancora. Fare la ricognizione. Di che? Di quello che mi attira. E che mi attira? Tutto, e tutto significa proprio tutto, perché ogni cosa è equivalente, se brilla perché brilla, se opaca perché opaca, liscia? liscia, ruvida? ruvida, ogni cosa. Ogni cosa essendo necessaria e insignificante. Da che dipende il valore d’ogni cosa? Da me, dal pesciolino, dalla curiosità, e dalla vanità, sia mia sia d’ogni cosa. Torno alle reti, sentire reti intorno dà l’ebbrezza. Allora tu sai che c’è un tempo, dalla calata al tiro, la salpata. E tu in quel tempo devi fare quel che devi, cose illecite, cose indigeribili, cose derisorie, cose che non fanno dormire le norme, soprattutto cose sole, non so se si capisce cose sole: cose con dentro un’inventiva, un’alterigia, anche un disdegno, una noncuranza, insomma, in una parola, una spontaneità, e la spontaneità è severa, e non guarda in faccia, le basta la sua. E poi il rifiuto di ogni sicurezza, che già come parola andrebbe vietata. Non voler essere sicuro di niente, pretendendo una e una sola parità: che il mondo non si senta sicuro di me, che non faccia conto sui miei anni, presenti e seguenti, sotto tutti gli aspetti e le attese. Hai voglia ad aspettare, attendi, attendi, mondo. Non voglio sicurezza, mondo, come io, o mondo, non sono sicuro di te. Così, ah, sì, le reti, sì, commetto il fatto, un fatto, quale che sia. E allora, rete, a noi, rete allarmata. Inizia il tiro della rete con me dentro, le cime si irrigidiscono, tese, strizzano l’acqua nell’acqua; le maglie, da allentate, si restringono; le bolle tutt’intorno come un fiato, un soffio che si avvicina: la rete a mascelle aperte. La rete, e tu, pesciolino, tocca a te, sei tutto fianchi, pesciolino, ascolta i fianchi e non la testa, senti il tiro, il tiro sposta l’acqua e la spinge verso l’alto, tu entra in quell’acqua, entra in quella spinta, non fuggire, se fuggi vai contro le maglie e poi nel sacco, così è, non fuggire, vai nel verso della rete, segui l’acqua, e non saltare prima, ché ricaschi dentro, salta alla fine quando il cerchio è stretto, salta a filo del rischio, salta, è un attimo, adesso, ora, salta. Salta! Mai esclamativo uscì così esatto fuori dall’acqua. Pesciolino, esclamativo mio, pesciolino che sei tutto fianchi, e le tue lische brillano all’aria. Tu sei lucente, la rete è la rete, è una cosa legata, e tu sparisci, pesciolino, io.

 

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