Ho bevuto con quest'uomo

13.03.2016 01:38

Ho bevuto con quest'uomo agli inizi degli anni cinquanta (del novecento - nota del curatore). Non ce ne rendevamo conto ma, lo dico ora, era una gara a chi mentiva di più. Nel mentire c'è una naturalezza e una efficacia, anche una precisione, una esattezza spietata da freccia che raggiunge e penetra il centro delle cose (nessun componente della freccia è di per sé freccia; è freccia la menzogna degli accostamenti).

 Mi disse, all'inizio, che era un autista. Io gli dissi che ero un cliente – figura, per me, insopportabile – e che vivevo di rendita, di una piccola rendita che mi permetteva, però, di frequentare locali notturni. Sapevamo mentire e sapevamo di mentire. Era un modo per essere lì dove eravamo senza quella tristezza d'esserci se fossimo veramente stati i due che dicevamo d'essere. Vale per il locale, vale per il mondo: eravamo al centro di noi come bersaglio. Avevo letto il suo libro. Lui lo aveva scritto. Le due cose facilitavano la chiacchiera.

– Il titolo... – disse.

– Lo so.

– Cosa?

– Il titolo italiano non è...

– No, non è. "Il sole sorge ancora" non è... 

– Con la 'e' all'inizio, poi...

– Con la 'e' all'inizio, sì, pure: E il sole.... Tradotto ma non letto...

– È possibile?

– Succede.

– Non hanno letto l'Ecclesiaste, la citazione.

– Bravo ragazzo, come fai a saperlo?

– Perché ho letto la citazione.

– Dove?

– Prima dell'inizio del libro.

– Bravo ragazzo, tu non sei un cliente, vero?

– Tu sei un autista che scrive libri, io sono un cliente del locale.  

Sorseggio, leggo per frasi. Se dicessi "esergo" mi sentirei ripugnante.

– L'avevo capito, non la dico nemmeno io, è una parola da fesso.

– Cosa c'è scritto? È scritto, basta leggere. Chi scrive lascia orme da lettura.

Chi legge, comprenda lui che bestia è. Che bestia è colui che legge, non io. Vada avanti su questa polvere, su questa nevicata di parole, scopra il proprio verso, ululi, barrisca, squittisca, cinguetti...

– C'è scritto che il sole tramonta e continua a bruciare. Non c'è scritto proprio così ma si capisce. Come il verso dell'usignolo: si capisce.

– Che il sole tramonta, ossia brucia di passione, la passione di risorgere.

– Tu non sei un cliente.

– Tu non sei un autista.

– "Anche il sole risorge"... Anche il sole si risolleva. Una grande fatica, un'ostinazione, oltre il giusto e lo sbagliato. Di cosa parlo, subito, all'inizio del libro? Di pugilato. Perché? A qualcuno dice qualcosa, a qualcuno non dice niente, il pugilato. Al sole dice qualcosa, il sole mi capisce. Il sole non soltanto va al tappeto, il sole va sotto il tappeto. Deve rialzarsi, l'arbitro comincia a contare le ore notturne. Le mostra con le dita. D'estate sono meno di nove, le ore della notte, lungo questo parallelo di sfidanti al tappeto. Scrivono, cosa scrivono? Anche il sole deve rialzarsi. D'estate, in fretta. Per le belle facce, per splendere sulla belle facce di questi fessi d'umani con i suoi splendidi pugni abbronzanti. Cosa credono che vada a caccia a fare, io? Per starmene un po' lontano da loro. La savana, l'arena, il ring, il toro, i tori, la barca in mare: circoscrivo la vista, no? Una buona mira è segno di una buona solitudine.

– Anche il sole deve risorgere. Anche il sole. È così. 

– Non lo so se sia così. La metto, io, così.

– Stai mentendo...

– Certo che sto mentendo.

– Come dici, poi? I mistrust...

– I mistrust all frank and simple people, 

especially when their stories hold together... 

– Delle persone sincere e semplici non mi fido,

soprattutto quando le loro storie stanno in piedi...

– Le storie nelle quali tutto si tiene in un bell'insieme...

– Sulla terra solo le truffe ben architettate, o no?

– O le illusioni. Ma svelare le truffe e le illusioni è da infame, da delatore.

– Questa mania di dimostrare qualcosa o di, addirittura, mostrarla.

– Beviamo, barcolliamo un po'.

– Se il sole bevesse...

– Il sole non beve. E io devo andare. Non ho bisogno che mi accompagni, ho l'autista.

– Lo so. E nemmeno potrei accompagnarti. Devo cantare. Ciao, Papa.

– Ciao, ragazzo. Alza la voce. Portala su. Anche la voce sorge e risorge. Dopo che il sole è tramontato.  Canti col buio… Cos'è? Dai una mano al sole? Sotto sotto, eh? Sotto sotto il tappeto. Anche gli usignoli lo fanno, dietro le foglie. Bravo ragazzo.

 

Si volta e se ne va. Si ferma. Vedo il dietro della sua giacca, la discesa del tessuto. Cala il silenzio totale delle spalle.  Ma si gira, solleva  la mano come se reggesse un bicchiere capiente, ma l'indice è rivolto a me. Mi dice: « Un altro pezzettino d'Ecclesiaste: ... Tutto, al mondo, fatica, e non si capisce perché... Ciao».

Si volta ancora, si orienta per l'uscita e, come se il pavimento si fosse inclinato verso la porta, la raggiunge oscillando. Esce come se fuori ci fosse vento e lui l'affrontasse. E il vento se lo porta via (qui il racconto mi ha preso la mano come se la mia mano fosse una frasca al vento, il racconto è diventato ventoso all'esterno, sto esagerando, sto mentendo, sono un cantante).

 

Nota: Un giorno ci sarà un mezzo per pubblicare immediatamente quello che, come qui, ho appena scritto? Dovrà esserci. Non voglio essere condannato all'infinito. Ciò che veramente si scrive è un inedito infinito. Quel che nasce da una frase può andare avanti per sempre, alimentando quell'incredibile goduria: il disprezzo di chi legge (escludendo te, tesoro mio, tu che sai con tanta fatica diventare tesoro, e diventarlo ancora)