Canto per non fare altro
Canto per non fare altro. Cosa? Lo so.
Cose che vengono in mente. Le scarto
e le dimentico. Poi le ritrovo al cinema 'Hayez'
(non ci vado ma vengo a sapere),
nei romanzi in edizione 'Strazio'
(pure vengo a sapere),
su pagine, fogli, che sono specchiere
per faccini smorfiosi, insistenti, invadenti,
molesti, seccanti, che sembrano chiedere,
chiedere al prossimo, sempre, di sé.
Chiedono di sé, leggi bene, sappi ascoltare,
chiedono sempre di sé, se qualcuno li ha visti,
notati là dove essi sono, nei loro vestiti,
nelle loro permalose sparate, nei loro
risentimenti, nel dispitto, sì, nel dispitto,
nello sdegno del mondo, si attaccano
a tutto, imbronciati, sono tutti figli,
tutti figli di papà, tutti, gli hanno bucato
il pallone del mondo, gli hanno colato
il cemento sul colletto. Io, per me,
costruirei al Pincio, a Villa Borghese,
per me, per viverci io. Cè un'isola
incontaminata? Bene, è segno che è
pronta per me. E gli alberi? Ce ne sono
di pronti a schiantarsi per me, e erbe
a squarciarsi per abbracciarmi vivo
e non ancora, come io fossi un vomere,
morto. Questi tipetti fanno i soccorrevoli,
fanno giurisprudenza. Ma con la natura
è guerra in corso, amorosa, impari per me:
la spina d'acacia mi punge, io non posso
pungere una spina. Guerra amorosa, lei lo sa,
la natura, lo sa. Cosa è scritto nel cielo,
sulla sabbia, leggibile, sulle cortecce?
È scritto: moriamo insieme, questa è la vita.
A ognuno di noi che nasce è offerta
questa opportunità, siamo natura,
e la natura vorrebbe morire con noi (che è
poi quel che accade ma non in realtà).
Se non succede si angustia, lei, la natura.
Dice: ma come, non dovevamo...? Traditore,
sparisci, mi lasci, lasci il mondo a un mondo
di stronzi... (continuo dopo, devo prepararmi
per stasera che canto, anzi nemmeno lo so
se continuo)...