Cantavo di qua

07.08.2013 12:51

Cantavo di qua, cantavo di là.
Potevo restare in un posto tre giorni
ma anche tre settimane o tre mesi
(dico tre per dare l'idea ma, da uno
a dieci e seguenti, ho consumato
tutti i numeri sia a una sia a doppia cifra).
Voglio dire questo: che tutto succede
quando te ne vai. Con fretta e accumulo
scopri quanto poteva essere e non è stato:
gli amori soprattutto. Da quello vorace
come il fuoco che in una notte incendia
la casa in cui lo fai, che al mattino
è placida cenere, tiepida, tranquilla,
distesa, bendisposta alla facile
dispersione, a quello immortale
come la malinconia, che è quel
che ti resta per il viaggio di ritorno
e per dopo e per sempre quando
con compiacimento pensiamo
alle nostre non vissute vite.
La malinconia è compiacimento, sì.
Il malinconico si compiace di sé:
si assolve per ciò che non ha commesso,
ossia che ha lasciato non tanto non fatto
ma non continuato, fosse anche
nella monotonia e nella ripetizione,
e questa è una cosa che soddisfa e turba
(non ripetere e non aver ripetuto:
menomale e purtroppo, purtroppo e menomale).
Tutto accade al momento dei saluti.
Occhi, parole, un certo abbraccio,
i denti scoperti, sì, i denti scoperti,
quel modo di scoprire i denti, insomma
di affidare alle labbra ogni responsabilità,
o irresponsabilità, del corpo... le labbra
che percettibilmente (impercettibilmente
per tutti, non per me) si gonfiano (poco,
in modo non notevole, ma io ho le pupille
che si dilatano e si restringono come
un regolo, e calcolo le variazioni della carne)...
Il momento dei saluti, quel momento
che per un narratore è oro, quel momento
in cui siamo pezzi di carne, e i racconti
sono lupi, siamo sacchi di grano squarciati,
e tutte le storie sono galline, tacchini,
colombe (la vorace volatilità), quel momento
in cui stringendo una mano, baciando
una guancia, diventiamo libri dalle pagine
polpose, piene di storie, che, mai vissute,
sapremmo solo scrivere inutilmente...
Sì, baciando guance, ho finto uno strabismo
del bacio. Ho finto un'incertezza mia
di pendolo, un inceppo, puntando
con la bocca al centro, l'altra bocca,
guadagnando a volte un angolo di labbra.
A volte, invece, tutto. E, però, poi, partivo.