Amalfi, Maggio 1956
Amalfi, Maggio 1956
Cara Brigida,
mi scrivi, mi esorti: ‘scrivi sennò io che leggo?’.
Ecco, vorrei invece evitarlo.
Scriverei pensando a te come lettrice.
Ma allora è meglio che continuiamo a scriverci lettere, senza avere altri occhi addosso.
Sai, vorrei mantenere un privilegio, vorrei essere grezzo.
Cosa significa?
Non vorrei riscrivere, rivedere, fare stesure, non vorrei sgrezzare.
Sai cosa mi ricordo sul leggere?
Una cosa che disse un tipo molto pratico, uno che prendeva decisioni svelte, serie, severe. Molte delle quali sfogavano in esiti assai piacevoli, anche allegri.
Disse: leggere mi fa venire il mal di testa.
Non sopporto chi legge e non sopporto chi scrive.
Vorrei essere un figlio di puttana, questo vorrei essere.
Prendi chi legge e scrive, mettili di fronte a un figlio di puttana e dimmi come la vedi, la cosa.
Sto pensando a te che leggi e mi vengono in mente idee, uno strafottere, quindi non idee ma cose fatte. Strafottercene di noi: questo vuol dire il contrario di disinteressarci di noi.
Sì, vorrei restare grezzo, non piallato. Anche ruvido? Sì, anche. Scabroso.
Se dovessi scrivere, mi auguro di non correggere.
Vuoi vedere che la scrittura è veramente un istituto correttivo?
Quando leggo i paesaggi descritti non ci capisco niente, mi disorienta ogni precisazione.
Mi basterebbe la piazzetta piena di sole, con l’ombra tutta da una parte.
Una luce di getto sulle tue cosce rifrange raggi su tutto il paesaggio abbacinandolo.
E io inciampo in un sasso e sbatto col viso in mezzo alle tue gambe.
Insomma, vorrei essere analfabeta. Dire dei libri: sono tutte stronzate.
Stammi bene. Perché sempre voglio dire di te: ben mi sta. Come spero di me.
Sento una felicità
Non so di che sa
se non di conquistata
stupidità.
V
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