RACCOLTO DELL’ORTO
Come s’io fossi l’estate
vissi
la stagione degli ortaggi
C’era un qualche senso,
un significato?
Nessun percorso contorto:
portavo i prodotti
del mio orto
al mercato,
al pubblico il pubblicato
Zappettavo la tenera
terra delle aiuole
nelle quali,
oltre tutt’e cinque le vocali,
scorrazzavano in fiore
le mie parole,
che poi vendevo a ceste,
a sporte, anche in mazzo,
anche come cantabili e disoneste
parolette per oneste teste di cazzo
(Dicevo al pubblico da sveltina:
“Voce in alto, questa è una rapina”
Mai senza
di te, mia delinquenza,
sempre a me vicina)
Vi siete divertite
con me, o mie vite
Che poi se stai fermo, giro dopo giro,
le rondini sfrecciano sempre più vicino
per capire, credo, se sei o no un moscerino
O forse, chissà,
un tetto con le tegole
sopra le tue fregole
Mah
I peperoni che aprendoli risuonano
come cattedrali tagliate in due
Poi fai a fettine l'eco
Le cipolle hanno sette veli
Spogliale e li vedi,
sono sette
Ma il pedante dice che
così non è
Ma il pedante non sa
che dopo il settimo c’è
tonda tonda la nudità
di Salomé, bubù sèttete,
da far schizzar le lacrime
L’aglio
è un magio
di grande lignaggio,
è uno spicchio discendente
direttamente dal suo turbante
L’anima o un sesso verde gli spunta
germogliante e impertinente
Sia quel che sia si presta
a illazioni umoristiche:
quella cosa va tolta
perché indigesta
I sedani:
quei fili sono le redini
o sono le code, i crini
dei sedani cavallini?
Op op op il sale il pepe l’olio
E io sono il cavaliero
del cazzimperio
Ho sgusciato i fagioli
(erano i borlotti?)
in altri tempi
Sento ancora i piccoli botti
quando il fagiolo cade
(in una zuppiera?
cos’era?)
Era giovane mia madre
Da ogni baccello cade
un tamburo di lacrime
Il carciofo
infatti gli somiglia
A chi?
Al tipo loffio
che ha per testa un carciofo
(So chi è, lo conosco)
Il pomodoro
dalla polpa urlante
E il succo gocciolante
è il coro
Il pisello, mi chiedo,
per quali iperboli stolide
starebbe per ‘uccello’
Invece è, ma certo,
una così dolce clitoride
lassù nel baccello
aperto